Stefano Cucchi, 31 anni, arrestato per modesto possesso di droga (20 grammi di sostanze stupefacenti) viene rinchiuso a Regina Coeli il sedici ottobre scorso, poi trasferito all'ospedale Pertini di Roma muore. Al momento dell'arresto da parte dei carabinieri, secondo quanto riferito dai familiari, stava bene, camminava sulle sue gambe, non aveva segni di alcun tipo sul viso. La mattina seguente, all'udienza per direttissima, il padre nota tumefazioni al volto e agli occhi. Nonostante i fatti contestati a Stefano Cucchi non fossero di particolare gravità, all'uomo non vengono concessi gli arresti domiciliari e, inspiegabilmente ai genitori non viene permesso di vederlo; l'autorizzazione al colloquio per i genitori di Cucchi arriva per il giorno 23 ottobre, quando ormai è troppo tardi dal momento che la morte sopraggiunge la notte precedente. Pare che il giovane sia stato trasferito in ospedale, nel reparto penitenziario, per "dolori alla schiena", ma i genitori, a cui viene permesso di vederlo solo dopo la sua morte, raccontano: "Aveva il volto pesto, un occhio fuori dal bulbo, la mandibola storta".
Sulla vicenda interviene il garante dei diritti dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni: "Aver impedito ai genitori di far visita al figlio moribondo è un reato ed è di una gravità estrema, è previsto dall'ordinamento che si consenta ai parenti di visitare il malato anche quando è in stato di detenzione e se gli è stato vietato per evitare che possa parlare e raccontare quello che gli è successo, è un reato di occultamento".
Anche i Radicali si sono mobilitati con la deputata Rita Bernardini che oggi ha presentato un'interrogazione urgente ai ministri della Giustizia e della Difesa sul decesso di Stefano, e ha inoltre ribadito al ministro della Giustizia l'urgenza di un indagine conoscitiva sui decessi in carcere che stanno in modo drammatico scandendo il tempo dell'illegalità penitenziaria italiana. (www.radicali.it)
La morte di Stefano Cucchi ricorda la vicenda di un altro ragazzo, Aldo Bianzino, che nel 2007 è stato arrestato insieme alla sua compagna con l'accusa di possedere e coltivare alcune piante di marijuana. Trasferiti il giorno dopo al carcere di Capanne, sono separati. Roberta condotta in cella con altre donne, Aldo, in isolamento. Da quel momento Roberta non vedrà più il suo compagno lasciato in buone condizioni di salute. La mattina seguente la polizia penitenziaria entrata nella cella, trova Aldo agonizzante che muore poco dopo. Immediatamente la ex moglie, la compagna, i figli e gli amici si mobilitano, e ancora adesso lottano, per fare chiarezza su questa ingiusta morte chiedendo verità e giustizia perchè di carcere non si può morire.
Mi ricorda tanto la vicenda di Aldo Bianzino. Anche lui, trovato morto in carcere dopo l'arresto per possesso di marijuana
RispondiEliminaLa verità non si potrà mai sapere. Questa è l'unica verità.
"Non mi uccise la Morte, ma due guardie bigotte, mi cercarono l'Anima a forza di botte..."
A presto.
Una qualunque.
Quella frase di De Andrè è azzeccatissima!! è riportata pure su alcuni manifesti sui muri di Roma in ricordo di Stefano. Purtroppo ci sono altri casi simili: il g8 di genova, e non mi riferisco a Carlo Giuliani ma al comportamento orribile e pessimo delle forze dell'ordine in molte ocasioni, Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri.. spero che la verità venga fuori.
RispondiElimina