martedì 27 ottobre 2009

Il carcere? Sicuro da morire!

Le forze dell'ordine sono al servizio dei cittadini o fanno il "servizio" ai cittadini? Non voglio omologare tutte le forze armate che, tutti i giorni e onorevolmente, combattono per la legalità e la sicurezza nel nostro paese ma purtroppo sono tanti gli agenti di polizia, carabinieri, ecc.... esaltati, che si sentono sopra la legge, che pensano che loro tutto è concesso e che hanno modi di fare fascisti e razzisti.

Stefano Cucchi, 31 anni, arrestato per modesto possesso di droga (20 grammi di sostanze stupefacenti) viene rinchiuso a Regina Coeli il sedici ottobre scorso, poi trasferito all'ospedale Pertini di Roma muore. Al momento dell'arresto da parte dei carabinieri, secondo quanto riferito dai familiari, stava bene, camminava sulle sue gambe, non aveva segni di alcun tipo sul viso. La mattina seguente, all'udienza per direttissima, il padre nota tumefazioni al volto e agli occhi. Nonostante i fatti contestati a Stefano Cucchi non fossero di particolare gravità, all'uomo non vengono concessi gli arresti domiciliari e, inspiegabilmente ai genitori non viene permesso di vederlo; l'autorizzazione al colloquio per i genitori di Cucchi arriva per il giorno 23 ottobre, quando ormai è troppo tardi dal momento che la morte sopraggiunge la notte precedente. Pare che il giovane sia stato trasferito in ospedale, nel reparto penitenziario, per "dolori alla schiena", ma i genitori, a cui viene permesso di vederlo solo dopo la sua morte, raccontano: "Aveva il volto pesto, un occhio fuori dal bulbo, la mandibola storta".
Sulla vicenda interviene il garante dei diritti dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni: "Aver impedito ai genitori di far visita al figlio moribondo è un reato ed è di una gravità estrema, è previsto dall'ordinamento che si consenta ai parenti di visitare il malato anche quando è in stato di detenzione e se gli è stato vietato per evitare che possa parlare e raccontare quello che gli è successo, è un reato di occultamento".
Anche i Radicali si sono mobilitati con la deputata Rita Bernardini che oggi ha presentato un'interrogazione urgente ai ministri della Giustizia e della Difesa sul decesso di Stefano, e ha inoltre ribadito al ministro della Giustizia l'urgenza di un indagine conoscitiva sui decessi in carcere che stanno in modo drammatico scandendo il tempo dell'illegalità penitenziaria italiana. (www.radicali.it)

La morte di Stefano Cucchi ricorda la vicenda di un altro ragazzo, Aldo Bianzino, che nel 2007 è stato arrestato insieme alla sua compagna con l'accusa di possedere e coltivare alcune piante di marijuana. Trasferiti il giorno dopo al carcere di Capanne, sono separati. Roberta condotta in cella con altre donne, Aldo, in isolamento. Da quel momento Roberta non vedrà più il suo compagno lasciato in buone condizioni di salute. La mattina seguente la polizia penitenziaria entrata nella cella, trova Aldo agonizzante che muore poco dopo. Immediatamente la ex moglie, la compagna, i figli e gli amici si mobilitano, e ancora adesso lottano, per fare chiarezza su questa ingiusta morte chiedendo verità e giustizia perchè di carcere non si può morire.

mercoledì 21 ottobre 2009

IL DESTINO DI THOMAS PAINE di BERTRAND RUSSELL

THOMAS PAINE, figura preminente di due rivoluzioni, corse il rischio di essere impiccato per aver tentato di scatenarne una terza. Con tutto ciò, oggi è poco conosciuto. Ai nostri bisavoli egli apparve come una specie di Satana in terra, un sovversivo eretico, ribelle a Dio e al re. Si attirò la tenace avversione di tre uomini non legati fra loro: Pitt, Robespierre e Washington. I primi due volevano la sua morte, e il terzo nulla fece per evitargliela. Pitt e Washington lo odiavano perchè democratico; Robespierre per la sua opposizione all'esecuzione del re e al regno del terrore. Fu suo destino di essere sempre odiato dai governi e onorato dall' opposizione: Washington, mentre stava ancora combattendo gli inglesi, ebbe parole di grande lode per Paine; la Francia gli tributò grandi onori fino a quando non salirono al potere i giacobini; in Inghilterra, i più importanti statisti whigs lo incaricarono di redigere i loro proclami. Naturalmente anche Paine aveva i suoi difetti; ma fu per le sue virtù, che egli fu odiato e calunniato.
L'importanza di Paine sta nel fatto che egli propugnò una democrazia democratica. Nel secolo diciottesimo vi erano democratici fra gli aristocratici francesi e inglesi, fra i filosofi e fra i ministri "non conformisti": ma tutti esponevano le loro teorie politiche in una forma che poteva essere comprese soltanto da persone colte. Paine, con i suoi scritti, non disse nulla di nuovo, ma fu ugualmente un innovatore perchè si espresse in forma semplice, chiara ed elementare, tale cioè da poter essere apprezzata da qualsiasi persona intelligente. Ciò lo rese pericoloso; quando poi a queste colpe si aggiunse la polemica antidogmatica, i difensori del privilegio colsero l'occasione per colmarlo di ingiurie.
I primi trentasei anni della sua vita non misero in luce il talento che mostrò negli anni successivi. Nacque a Thetford nel 1739, da una povera famiglia di quacqueri, e frequento la locale scuola elementare fino all'età di tredici anni. Fece poi il frabbicante di busti: ma non era fatto per una vita tranquilla, e a diciassette anni tentò di arruolarsi sulla Terrible, nave corsare comandata da un capitano chiamato Morte. I suoi genitori glielo impedirono, e cosi, probabilmente, gli salvarono la vita, poichè di duecento uomini della ciurma, poco dopo ne morirono centosettantacinque in combattimento. Allo scoppio della guerra dei Sette Anni, però, riusci a imbarcarsi su un'altra nave corsara, ma nulla si sa della sua breve avventura marinara. Nel 1758, a Londra, riprese a fabbricare busti; l'anno seguente si sposò. La moglie gli morì dopo pochi mesi. Nel 1763 divenne daziere e due anni dopo fu licenziato perchè aveva dichiarato di aver eseguito delle ispezioni, mentre in realtà si trovava a casa a studiare. Essendo poverissimo, fece l' insegnante con una paga di dieci scellini la settimana e provò anche a intraprendere la carriera ecclesiastica, ma, assunto di nuovo come daziere a Lewes, potè evitare quella estrema soluzione. Sposò una quacquera dalla quale si separò formalmente nel 1774, per motivi non noti. In quell'anno perse di nuovo l'impiego, sembra per aver organizzato una petizione di dazieri che rivendicavano miglioramenti salariali. Dovette vendere tutto ciò che possedeva per pagare i debiti e aiutare la moglie: si trovò così di nuovo ridotto alla miseria. Recatosi a Londra per presentare in parlamento la petizione dei dazieri, vi conobbe Benjamin Franklin, che riportò di Paine una buona impressione. Avvenne così che, nell 'ottobre 1774, Thomas Paine si imbarco per l'America, con una lettera commendatizia di Franklin che lo definiva "un giovane d'ingegno".
Giunto a Philadephia, cominciò ad essere apprezzato come scrittore, e ben presto divenne direttore di un giornale. La sua prima pubblicazione, nel marzo 1775, fu un violento articolo contro la schiavitù e il commercio degli schiavi. Qualunque cosa dicessero i suoi amici americani, sempre un irriducibile antischiavista. Sembra sia stato per sua influenza che Jefferson inserì, nell'abbozzo della Dichiarazione d'indipendenza, il passo riguardante questo argomento, che però in seguito fu tolto. Nel 1775 la schiavitù esisteva ancora in Pennsylvania dove fu abolita con un Act del 1980, di cui Paine scrisse il preambolo.
Paine fu uno dei primi, se non il primo, a sostenere la completa indipendenza degli Stati Uniti. Nell'ottobre 1775, quando persino coloro che in seguito firmarono la Dichiarazione di indipendenza, speravano soltanto in un compromesso col governo britannico, egli scriveva: "Non esito a credere che l'Onnipotente finalmente separerà l'America dalla Gran Bretagna. Chiamatela indipendenza o come volete, se è la causa di Dio e dell'umanità, essa riuscirà vittoriosa. E Quando l'Onnipotente ci avrà benedetti e avrà fatto di noi un popolo dipendente solo da lui, allora possa il nostro primo gesto di gratitudine essere l'abolizione del commercio di schiavi negri, la mitigazione del loro duro destino, e, quanto prima, la loro liberazione". Fu per amore della libertà che Paine fece sua la causa dell' America: libertà dalla monarchia, dalla aristocrazia, dalla schiavitù e da ogni specie di tirannia. Durante gli anni più duri della guerra di indipendenza, egli passò le sue giornate combattendo, e le sue notti compilando infiammati proclami, pubblicato sotto il titolo "Common Sense". Questi suoi scritti ebbero enorme successo e contribuirono efficacemente alla vittoria. Dopo che i britannici ebbero incendiato la città di Falmouth, nel Maine, e di Norfolk, nella Virginia, Washington scriveva il 31 gennaio 1776 a un amico: "Qualche altro incendiario argomento simile a quello di Falmouth e di Norfolk insieme alle giuste dottrine e agli inconfutabili ragionamenti contenuti nell' opuscolo Common Sense, non lasceranno molta gente indecisa sulla necessità della separazione". Gli scritti di Paine riguardano quel momento e quella situazione, ed hanno, oggi, soltanto un interesse storico; ma la trama del pensiero è sempre di attualità. Il conflitto non è solo col re, ma anche col parlamento: "Non v'è alcuno più geloso dei propri privilegi, di quanto non lo siano gli appartenenti alla Camera dei Comuni: la ragione è ovvia: quei privilegi sono materia di baratto". Non era possibile confutare tale accusa. Vi si trovano validi argomenti in favore di una repubblica e contro la teoria che la monarchia impedisca la guerra civile. "La monarchia e la successione", dice Paine alla fine di un compendio della storia inglese, "hanno ridotto... il mondo a ferro e a fuoco. E' una forma di governo contro cui fa testimonianza la parola di Dio e il sangue versato per colpa sua". Nel dicembre 1776, in un momento in cui le sorti della guerra erano avverse, Paine pubblicò un opuscolo, The Crisis, che inizia con queste parole: "Questi tempi mettono alla prova gli uomini veri. Il soldato e il patriota, abituati a combattere quando tutto va bene, si sottrarranno, in questa crisi, al servizio del paese; ma chi resiste ora merita la gratitudine e l'amore di tutti". L'opuscolo fu letto alle truppe e Washington espresse a Paine il proprio riconoscimento. Pochi scritti furono tanto letti in America, e Paine avrebbe potuto realizzare grossi guadagni, ma rifiutò sempre ogni compenso. Alla fine della guerra di indipendenza, egli era universalmente stimato negli Stati Uniti, ma tuttora povero. Una legislatura, perciò, gli concesse una somma in denaro e un'altra gli assegnò una proprietà, cosicchè egli potè sentirsi tranquillo per il resto della vita.
Passò allora dalla politica all'ingegneria e dimostrò la possibilità di costruire ponti in ferro con luce maggiore di quanto, in precedenza, si ritenesse possibile. Si recò in Inghilterra dove fu ricevuto cordialmente da Burke, dal duca di Portland e da altri notabili whigs. Portò con se un grande modello del suo ponte in ferro, da lui costruito a Paddington, che fu lodato da eminenti ingegneri. Sembrava che egli avrebbe trascorso il resto della sua vita come inventore. Anche la Francia era interessata ai ponti di ferro, e Paine nel 1788 si recò a Parigi per trattare con La Fayette e sottoporre i suoi progetti all'Accademia delle Scienze. Il giudizio, dopo le prime esitazioni, fu favorevole. Dopo la caduta della Bastiglia, La Fayettedecise di consegnare le chiavi della prigione a Washington, e affidò a Paine l'incarico di recarla oltre Atlantico. Dovendo Paine trattenersi in Europa per i suoi lavori, scrisse una lunga lettera a Washington, informandolo che avrebbe incaricato qualcuno dell'onorifica missione. "Questo è il primo trofeo delle spoglie del dispotismo, e il primo maturo frutto dei principi americani trapiantati in Europa", dice la lettera accompagnatoria, e poi continua:"Non ho il minimo dubbio sul pieno successo della Rivoluzione Francese". Termina ricordando il suo ponte: "Ho costruito un ponte a una sola arcata, lungo ventisette metri e alto due metri dalla corda d'arco".
Divideva la sua atticità fra la progettazione di ponti e rivoluzioni. Gradualmente fu questa attività che prevalse. Allo scopo di promuovere un forte movimento rivoluzionario in Inghilterra, egli scrisse "I diritti dell'uomo", cui egli deve principalmente la sua fama di democratico. Questo lavoro considerato sovversivo durante la reazione antigiacobina, stupisce il lettore moderno per la moderazione e il buon senso. E' una risposta a Burke e tratta per esteso gli avvenimenti francesi contemporanei. La prima parte fu pubblicata nel 1791, la seconda parte nel febbraio 1792; pertanto, non c'era bisogno ancora di giustificare la rivoluzione. Vi si trovano pochi richiami ai diritti naturali; molte e giuste, invece, le considerazioni sul governo britannico. Burke aveva sostenuto che la rivoluzione del 1688 legava per sempre l'inghilterra al dominio dei sovrani nominati dall'Act of Settlement. Paine ribattè che è assurdo ipotecare il fututo e che le costituzioni non sono eterne, ma devono essere rivedute, quando occorra.
"I governi", egli dice, " possono avere tre caratteri diversi. Primo, la superstizione; secondo, la potenza; terzo, i comuni interessi della società e i comuni diritti dell'uomo. Il governo affetto da superstizione è governo clericale; il governo assetato di potenza è governo di conquistatori; il governo ispirato al bene della comunità è governo di ragione". I primi due si fondono facilmente: "La chiave di San Pietro e la chiave del Tesoro si unirono insieme e l'attonita moltitudine, ingannata, adoro le chiavi". Osservazioni di carattere generale come questa sono, tuttavia, rare. La maggior parte del lavoro si impernia sulla storia francese dal 1789 alla fine del 1791; segue un confronto fra la costituzione britannica e quella francese del 1791, vantaggioso naturalmente per quest'ultima. Bisogna ricordare che nel 1791 la Francia era ancora una monarchia. Paine era repubblicano e non lo nascondeva, ma nei "Diritti dell'uomo" non fa l'apologia della repubblica. Escluso qualche breve passo, il libro è in sostanza un appello al buon senso.
Come fece in seguito Cobbett, egli criticava la politica finanziaria di Pitt, con argomenti che avrebbero dovuto interessare qualsiasi cancelliere dello Scacchiere. Egli parla di "Potter" e della sua campagna della carta moneta nello stesso stile caratteristico di Cobbett. Si deve ai suoi scritti sulla finanza, se la vecchia ostilità di Cobbett si trasformò in ammirazione.
Il suo stile è chiaro, vigoroso e schietto, ma non ingiuroso come quello dei suoi avversari. Ciò nonostante, Pitt decise di inaugurare il suo regno del terrore, processando Paine e sopprimendo "I diritti dell'uomo". Secondo Lady Hester Stanhope, nipote di Pitt, egli "soleva dire che Tom Paine era nel giusto, ma", aggiungeva, " che cosa debbo fare? Se dovessi incoraggiare le opinioni di Tom Paine, mi farei complice di una sanguinosa rivoluzione". Paine rispose con sprezzanti infiammati discorsi. Era il momento dei massacri di settembre, e i tories inglesi reagivano con crescente violenza. Il poeta Blake, che aveva più senso pratico di Paine, lo convinse che rimanere oltre in Inghilterra poteva significare l'impiccagione. Paine sbarco in Francia, sfuggendo per poco all'arresto.
Inghilterra e Francia non erano ancora in guerra, ma Dover e Calais appartenevano a due mondi diversi. Paine, cittadino onorario francese, era stato eletto alla Convenzione in tre divers collegi, fra cui Calais che gli dava il benvenuto. "Come il vapore attracca al molo, è accolto da una salva di batteria; applausi risuonano lungo la riva. Appena il rappresentante di Calais pone piede sul suolo francese, i soldati gli fanno strada, gli ufficiali lo abbracciano, la coccarda nazionale gli è appuntata al petto."
Giunto a Parigi, Paine mostrò più amore del bene pubblico che prudenza. Nonostante i massacri, sperava ancora in una rivoluzione moderata come quella americana. Fece amicizia con i girondini, si rifiutò di criticare La Feyette in disgrazia, e continuò, da americano, a ringraziare Luigi XVI per il contributo dato alla liberazione degli Stati Uniti. Si oppose fino all'ultimo all'esecuzione del re inimicandosi i giacobini. Dapprima f espulso dalla Convenzione, e in seguito imprigionato come straniero. Rimase in prigione per tutto il periodo di Robespierre, e alcuni mesi dopo. La responsabilità di queste odiose misure non era tutta dei francesi: il ministro americano, governatore Morris, vi aveva la sua parte. Federale, parteggiava per l'Inghilterra contro la Francia; inoltre sentiva vecchi rancori contro Paine, che aveva svelato la condotta disonesta di un amico di Morris durante la guerra d'Indipendenza. Morris dichiarò che non essendo Paine americano, non poteva intervenire in suo favore. Washington, che stava segretamente negoziando con l'Inghilterra il trattato di Jay, fu ben lieto che Paine fosse nell'impossibilità di informare il governo francese sulle correnti reazionarie in America e non potesse nuocere alle trattative in corso. Scampato alla ghigliottina, Paine si ammalò gravemente. Morris, nel frattempo, fu sostituito da Monroe, quello dell'omonima dottrina, che ottenuto immediatamente il rilascio, lo accolse nella sua casa e lo curò amorevolmente per diciotto mesi.
Paine rimase all'oscuro delle mene di Morris, ma seppe dell'atteggiamento di Washington e non gli perdonò. Dopo la sua morte, saputo che si stava erigendo una statua al grande uomo, indirizzo allo scultore questi versi:

Prendi dalla miniera la pietra più fredda e dura, non occorre modellarla: è Washington. Ma se vorrai scolpirla, fà che il tratto sia grossolano, e sul suo cuore incidi: Ingratitudine.

Non furono mai pubblicati. Ma si conosce anche una lettera lunga e amara, diretta a Washington nel 1796 che terminava così: "E quanto a voi, signore, siete in privato un traditore dell'amicizia, proprio nel momento del pericolo, e un ipocrita nella vita pubblica e il mondo si domanderà se siete uno spergiuro o un impostore; se avete abbandonato i buoni principi, o se ma ne avete avuti". Soltanto a coloro che conoscono il Washington della leggenda, queste parole possono sembrare ingiuste.
Il 1796 era l'anno della prima lotta per la presidenza tra Jefferson e Adams, Washington appoggiava quest'ultimo, sebbene fosse di tendenze monarchiche e aristocratiche. Inoltre Washington parteggiava per l'Inghilterra contro la Francia, e faceva il possibile per impedire il diffondersi di quei principi repubblicani e democratici, ai quali doveva la sua ascesa. Le invettive di Paine non erano quindi senza giustificazione.
Per Washington sarebbe stato meno facile lasciare che Paine languisse in prigione, se quell'uomo impetuoso non avesse trascorso gli ultimi giorni di libertà dando letteraria espressione alle opinioni teologiche che egli e Jefferson avevano in comune con Washington e Adams. Qesti ultimi, tuttavia, cercavano di evitare ogni manifestazione men che ortodossa. Pur prevedendo la prigione, Paine aveva cominciato a scrivere "The age of reason" e venne arrestato sei ore dopo aver terminato la prima parte. Vi si attaccavano molti di coloro che avevano le stesse idee politiche di Paine. A parte alcuni passi di cattivo gusto, il libro contiene ben poche cose che non meritino l'approvazione dei religiosi di oggi. Nel primo capitolo si legge: "Io credo in un unico Dio e spero nella felicità dopo questa vita. Credo nell'uguaglianza fra gli uomini. I doveri religiosi si compendiano nella giustizia, nella pietà e nell'amore del prossimo". Non erano parole vane. Dal momento della sua prima partecipazione alla vita pubblica (la sua protesta contro la schiavitù risale al 1775) fino al giorno della sua morte, Paine si oppone costantemente a ogni forma di crudeltà, fosse voluta dal suo partito o dagli avversari. Il governo inglese, a quei tempi, era una spietata oligarchia che si serviva del parlamento per sfruttare le classi meno abbienti. Paine propugnò riforme politiche per frenare questi abusi e dovette fuggire per avere salva la vita. In Francia, essendosi opposto a inutili spargimenti di sangue, fu gettato in carcere, e a stento scampò alla pena di morte. In America, essendosi opposto alla schiavitù e avendo sostenuto i principi della Dichiarazione d'indipendenza, fu abbandonato dal governo nel momento che la sua collaborazione sarebbe stata più necessaria. Se la vera religione consiste, come egli sosteneva, "nella giustizia, nella pietà e nell'amore del prossimo", non c'era nessuno tra i suoi oppositori che a buon diritto potesse essere considerato veramente religioso.
La maggior parte di "the age of reason" critica il Vecchio Testamento dal punto di vista della morale. Oggigiorno, tranne pochi fanatici, non v'è nessuno che consideri i massacri di uomini donne e fanciulli menzionati nel Pentateuco e nel Libro di Giosuè come esempi di giustizia; ma al tempo di Paine era da empi criticare gli ebrei, visto che il Vecchio Testamento li approvava. Molti pii ecclesiastici replicarono. Il vescovo di Llandalff, il più liberale fra questi, ammise che alcuni parti del Pentateuco non erano state scritte da Mosè, e che qualche salmo non era di origine dividica. Per tali concessioni suscitò le ire di Giorgio III, e perdette ogni possibilità di trasferimento a sede più ricca. Alcune risposte del vescovo a Paine sono piuttosto curiose. In "the age of reason", l'autore osava dubitare che Dio avesse realmente comandato il massacro dei madianiti, uomini e donne, ad eccezione delle nubili. Indignato, il vescovo replicò che le ragazze furono risparmiate non per scopi immorali, come Paine sembrava insinuare, ma per essere ridotte in schiavitù, il che secondo il vescovo non era moralmente biasimevole. Gli ortodossi di oggi non ricordano che cos'era l'ortodossia centoquaranta anni fa. E hanno dimenticato che uomini come Paine, nonostante le persecuzioni, promossoro una vigorosa battaglia contro il rigorismo dei dogmi, avvantaggiandone la nostra epoca. A lui fu persino negata dai quacqueri la sepoltura nel loro cimitero. Pochissima gente seguiva la salma.
Dopo "the age of reason" Paine non scrisse più cose di notevole risonanza. Ripresosi da una lunga malattia, non provò alcun interesse per la Francia del Direttorio e del Primo Console. Napoleone non lo tratto male, ma non gli conferì incarichi, a parte quello rischiosissimo di agente rivoluzionario in Inghilterra. Preso da nostalgia per l'America, ricordando i primi successi e la popolarità godutavi, desiderò aiutare i sostenitori di Jefferson contro i federalisti. Ma il timore di essere catturato dagli inglesi, che lo avrebbero certamente impiccato, lo trattenne in Francia fino al trattato di Amiens. Finalmente, nell'ottobre 1802, sbarcò a Baltimore e subito scrisse a Jefferson, divenuto nel frattempo presidente: "Sono arrivato sabato da Le Havre, dopo una traversata di sessanta giorni. Ho alcune casse di modelli e ruote, eccetera, e appena potrò ritirarle dal bastimento e sistemarle sul vapore di Georgetown, verrò a porgervi i miei ossecqui. il vostro obbligatissimo concittadino, Thomas Paine". Egli non dubitava che tutti i suoi vecchi amici, a eccezione di quelli che erano passati ai federali, gli avrebbero dato il benvenuto. Ma non fu così. Thomas Jefferson aveva condotto una dura campagna per la presidenza, e l'arma più efficace contro di lui, usata senza scrupoli da tutti i partiti, era stata l'accusa di irreligiosità. Gli avversari lo accusavano di troppa intimità con Paine e chiamavano la coppia: "i due Tom". Venti anni dopo, Jefferson, ancora sbigottito dalla bigotteria dei suoi compatrioti, a un pastore unitariano che desiderava pubblicava una sua lettera, disse: "No, mio caro signore, no, per tutto l'oro del mondo!... E' più facile far ragionare un pazzo piuttosto che un atanasiano... Tienimi pertanto lontano dal rogo di Calvino e della sua vittima Serveto".
Paine fu trattato cortesemente, e non ebbe motivo di lamentarsi, ma le vecchie, care amicizie erano morte. In altri ambienti si trovò ancora peggio. Il dottor Rush di Philadelphia, uno dei suoi vecchi amici americani ruppe ogni rapporto con lui. Scriveva: "Le idee da lui manifestate in "the age of reason" sono così ingiurose per me, che non desidero rinnovargli la mia amicizia".
Nel suo rione ebbe a subire molestie e scortesie. Tre anni prima dalla sua morte, gli fu impedito col pretesto che era straniero. Fu calunniato di immoralità e intemperanze e trascorse i suoi ultimi anni in povertà e solitudine. Stava morendo, quanto due pastori invasero la sua stanza per cercare di convertirlo; li congedò semplicemente: "Lasciatemi solo. Buon giorno!" Morì nel 1809. Gli ortodossi crearono il mito della sua ritrattazione in punto di morte che fu creduta da molti. La sua fama postuma fu maggiore in Inghilterra che in America. Era considerato illecito pubblicare i suoi lavori e molti andarono in prigione per averlo fatto. L'ultimo processo per questo motivo fu quello a carico di Richard Carlile e di sua moglie nel 1819: egli fu condannato a tre anni di carcere e a una multa di millecinquecento sterline; la moglie a un anno e cinquecento sterline.
In quell'anno Cobbett fece trasferire le osse di Paine in Inghilterra, dove ebbe fama di eroe nella lotta per la democrazia. Le sue ossa, però, non ebbero definitiva sepoltura. Moncure Conway, biografo di Paine che curò anche l'edizione delle sue opere, scrive che il monumento progettato da Cobbett non fu mai eretto. L'arrivo della salma sollevò molta agitazione in parlamento e in municipio. Un banditore municipale di Bolton fu incarcerato per averne annunciato lo sbarco. Nel 1836 le ossa passarono, con i beni di Cobbett, nelle mani di un curatore, West. Poichè il Lord Cancelliere si era rifiutato di considerarle un effetto patrimoniale, fino al 1844 furono conservate da un vecchio operaio, e poi passarono al mobiliere B. Tilley, 13 Bedford Square, Londra. Nel 1854 il reverendo R. Ainslie, unitariano, dichiarò a E. Truelove di possedere il teschio e la mano destra di Thomas Paine, ma eluse altre domande. Non ne rimase alcuna traccia, nè del teschio nè della mano destra.
Varia fu l'influenza di Paine nel mondo. Durante la rivoluzione americana suscitò entusiasmo e ispirò fiducia, facilitandone la vittoria. In Francia la sua popolarità fu breve e superficiale, ma in Inghilterra inaugurò l'ostinata opposizione della plebe radicale alla lunga tirannia di Pitt e Liverpool. Le opinione di Paine sulla Bibbia, sebbene colpissero i suoi contemporanei più del suo unitarianismo, erano tali che potrebbero oggi essere sostenute da qualsiasi prelato. I suoi veri seguaci furono gli uomini che agirono nel movimento sorto da lui, quelli che Pitt imprigionò, quelli che soffriranno a causa dei Six Acts: owenisti ( seguaci di Robert Owen, industriale inglese e teorico socialista), cartisti ( in Inghilterra si chiamarono Chartist gli agitatori sociali che sorsero, nel 1837, per chiedere il suffragio universale e altre riforme parlamentari specificate nei Six Acts del documento denominato "The people's Charter"), sindacalisti e socialisti. A tuttu questi difensori degli oppressi Paine diede un esempio di coraggio, umanità e sincerità. Non antepose mai all'interesse pubblico i calcoli personali. Come sempre accade, il mondo l punì per il suo altruismo: la sua fama sarebbe molto maggiore se fosse stato meno generoso.

Tratto dal saggio "Perchè non sono cristiano" di Bertrand Russell

domenica 11 ottobre 2009

Ai caduti del lavoro

Oggi, domenica 11 ottobre l'ANMIL celebra la 59esima Giornata dedicata alle vittime del lavoro, istituzionalizzata nella seconda domenica di ottobre.
Le cifre testimoniano la persistente gravità di questo fenomeno, che resta una delle principali cause di morte, quasi il doppio rispetto agli omicidi: ogni giorno, infatti, sul posto di lavoro si verificano 2.500 incidenti, 3 persone perdono la vita e 27 rimangono permanentemente invalide. Ad oggi nel nostro Paese sono oltre 800.000 gli invalidi del lavoro e quasi 130.000 le vedove e gli orfani.
Una media di 3 morti al giorno vuol dire che ogni anno in Italia muoiono muoiono più di 1000 persone (365 x 3 = 1095) per il lavoro, una guerra.
"Gli incidenti sul lavoro sono inaccettabili in una società civile. L'odierna celebrazione ci sollecita ancora una volta a riflettere su quante vittime e quanti infortuni potrebbero essere evitati con una sempre più efficace azione di prevenzione e con la rigorosa e puntuale applicazione delle norme". (Messaggio inviato da Napolitano all' Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro).
Questa è una vera "emergenza sicurezza".




Alle volte mi ritrovo con la testa tra le mani
e penso di essere diventato pazzo
mi dico cazzo! non è reale qua mi devo calmare
eh già, devo stare calmo, riprendere il controllo,
lucidità, perché fa caldo qua,
senti che caldo che fa, si muore, ma si fa per dire
non è che fa caldo e uno muore
a meno che non sia anziano e c’abbia problemi col cuore
o di pressione, ma non è che fa caldo e uno muore
il caldo è una cosa naturale, come andare a lavorare
C’è l’affitto da pagare? Vai a lavorare,
lì ti possono sfruttare, umiliare, sottopagare,
cassaintegrare, ma non è che ti possono ammazzare,
non è così, perdio, non è così che deve andare,
cazzo, morire, cazzo morire per poco più di un milione
non può capitare, ma non si sa come
succede ogni giorno a ben tre persone
e io sarei il pazzo! mille morti l’anno è una guerra perdio
ed io sono un pazzo fottuto che con una guerra in corso
vado ancora in giro disarmato, un pazzo, un pazzo fottuto

Povera vita mia chi coglie e magna
chi se ne fa nu rap e chi na pigna
Povera vita mia chi magna e magna
chi se ne fa nu rap e chi na pigna

Più ci penso e più mi è chiaro
il fatto che non sono diventato pazzo
è solo che là fuori c’è qualcuno
che si è messo in testa di ammazzarci tutti
e puoi giurarci che nemmeno lui è pazzo
pazzo è riduttivo per un serial killer recidivo
che poi non è neanche uno
perché sono tanti e sono pure tanto ricchi
e potenti e sfacciati maledetti siano loro
e chi cazzo li ha creati, avidi assassini senza scrupoli
che intascano un miliardo ogni due mesi
e si permettono di parlare
di taglio alle spese e ai contributi
i bastardi fottuti, figurati se c’hanno orecchie per sentire
chi gli parla di riduzione dell’orario di lavoro
per loro se dopo otto ore di lavoro
sei stanco, fai una cazzata e muori
è un peccato e manco per la tua vita
quanto per la pensione che hanno cacciato
e comunque hanno risparmiato
rispetto all’assunzione di nuove persone a pieno salario
è questo lo straordinario obbligatorio
chi vola alle Bahamas e chi va all’obitorio
e dovremmo pure dirgli grazie
perché “offrono” lavoro

Povera vita mia chi coglie e magna
chi se ne fa nu rap e chi na pigna
Povera vita mia chi magna e magna
chi se ne fa nu rap e chi na pigna

Alle volte mi ritrovo con la testa fra le mani
e penso, penso e rifletto: in Italia c’è un conflitto
una guerra che fa più di mille morti all’anno
tra lavoro e mala sanità, e dimmi tu
se questa qua non è pulizia etnica
cos’è come si chiama?
Quando uno che c’ha i soldi può avere tutto
e uno che ne ha di meno non ha diritto
nemmeno a un letto in un ospedale quando sta male
e se vuol farsi curare deve pagare
solo che coi soldi che gli danno quelli del lavoro interinale
c’è l’affitto da pagare, il bambino da mantenere
e cosa cazzo vuoi pagare un dottore
quando non sai nemmeno se tra due mesi
c’ avrai ancora un fottuto lavoro
perché il lavoro interinale non è altro che
una prestazione occasionale di lavoro manuale
non qualificato, esattamente il caso in cui
il rischio d’incidente sul lavoro è quintuplicato
e tutto questo non è capitato
ma è stato pensato, progettato e realizzato
dal padronato in combutta con l’apparato decisionale dello stato
per il quale la vita di un proletario non vale non dico niente
ma sicuramente non vale il costo di un’assunzione regolare
con tanto di corso di formazione professionale;
è evidente il disegno criminale o no?
o sono io che sono pazzo?

Povera vita mia chi coglie e magna
chi se ne fa nu rap e chi na pigna
Povera vita mia chi magna e magna
chi se ne fa nu rap e chi na pigna


venerdì 9 ottobre 2009

Liberi di essere informati?

Solo due esempi del perchè molte persone si mobilitano per la libertà d'informazione e perche secondo la classifica di Freedom House siamo insieme alla Turchia l'unico paese in Europa (da paese "libero") "parzialmente libero" per quanto riguarda la libertà di stampa e si trova al 73esimo posto di questa classifica.

Notizie contraffatte

Il problema dell' informazione in Italia non è la libertà di stampa, la libertà di dare determinate notizie perchè, bene o male, serenamente o tra mille difficoltà, ci sono molti mezzi di comunicazioni (tv, radio, giornali, internet) dove le notizie si diffondono senza problemi.
Il problema è che nei più importanti canali televisivi attraverso cui la gente si informa alcune notizie vengono omesse o sono fatte passare in secondo piano (come nel tg1 sul caso di Tarantini e sul caso delle escort dove c'è di mezzo anche il Pres. del Consiglio) o peggio ancora addirittura stravolte.
Nella puntata di matrix sul lodo alfano e sul lodo Mondadori, in un servizio che ricostruisce la storia del lodo mondadori sino ad oggi, si sostiene che Silvio Berlusconi è stato prosciolto mentre Previti e Metta sono stati condannati. Mentono sapendo di mentire. Il reato per Berlusconi è andato in prescrizione. Non dice il servizio che, nella sentenza finale a carico di Previti e Metta, Berlusconi è definito "privato corruttore" e si legge che "la retribuzione del giudice corrotto è fatta nell'interesse e su incarico del corruttore". Al rientro nello studio, dopo il servizio, è la volta di Alessio Vinci che esclama che Berlusconi è stato prosciolto.
Anche studio asperto in un servizio sul processo nel quale l' avv. Mills è stato condannato sostiene che Berlusconi è stato assolto: cosa che, grazie al lodo alfano, non poteva accadere neanche volendo.
Io trovo assurdo che un giornalista possa fare informazione in questo modo. Un giornalista deve sempre dire la verità.
Forse Berlusconi dando dei "farabutti" ad alcuni giornalisti si riveriva a questi che offrono ai cittadini una visione errata dei fatti.

Querele a chi chiede

Il Presidente del Consiglio è libero di querelare chi vuole chi vuole, è un suo diritto. E penso che qui siamo tutti d'accordo ( anche se secondo me questo gli sottrae tempo, tanto quanto le cause penali che aveva sospeso col lodo).
Ma perchè si dice che così attenta alla libertà d'informazione? Secondo me il motivo è solo perchè il premier Berlusconi non ha querelato il giornale per un articolo diffamante, ma solo perchè laRepubblica gli ha posto 10 domande a cui lui non ha risposto. Come per dire: attenti anche a quello che chiedete perchè se mi fate determinate domande io vi querelo.
Domandare è lecito rispondere è cortesia!
Queste sono le 10 domande di repubblica e io non penso che siano così gravi da meritare una querela, anzi penso che sia molto più grave che un capo di stato si rifiuti di rispondere.

1.Quando ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia? Quante volte ha avuto modo d’incontrarla e dove? Ha frequentato e frequenta altre minorenni? 2.Qual è la ragione che l’ha costretta a non dire la verità per due mesi fornendo quattro versioni diverse per la conoscenza di Noemi? 3.Non trova grave che lei abbia ricompensato con candidature e promesse di responsabilità le ragazze che la chiamano «papi»? 4.Lei si è intrattenuto con una prostituta la notte del 4 novembre 2008 e sono decine le “squillo” che, secondo le indagini, condotte  nelle sue residenze. Sapeva fossero prostitute? 5.E’ capitato che “voli di Stato”, senza la sua presenza a bordo, abbiano condotto nelle sue residenze le ospiti delle sue festicciole? 6.Può dirsi certo che le sue frequentazioni non abbiamo compromesso gli affari di Stato? Può rassicurare il Paese che nessuna donna, sua ospite, abbia oggi in mano armi di ricatto? 7.Le sue condotte sono in contraddizione con le sue politiche: lei oggi potrebbe ancora partecipare al Family Day o firmare una legge che punisce il cliente di una prostituta? 8. Lei ritiene di potersi ancora candidare alla presidenza della Repubblica? E, se lo esclude, ritiene di poter adempiere alla funzione di presidente del Consiglio? 9.Lei ha parlato di un «progetto eversivo» che la minaccia. Può garantire di non aver usato né di voler usare intelligence e polizie contro testimoni, magistrati, giornalisti? 10. Alla luce di quanto è emerso in questi due mesi, quali sono, signor presidente, le sue condizioni di salute?

errata corrige: avevo inserito le domande precedenti che Repubblica aveva posto sul "caso Noemi" . Queste sono invece quelle (giuste!) del 26 giugno per le quali c'è stata la citazione in giudizio.

martedì 6 ottobre 2009

Il 5°comma del lodo Alfano

Oggi 6 ottobre 2009 la consulta si riunisce per esaminarne la costituzionalità. Su giornali, blog programmi tv molti esperti, giuristi, giornalisti magistrati hanno dato il proprio giudizio su questa legge (l. 124/08 impropriamente chiamato lodo), e non voglio in questo post sostenere e spiegare perchè secondo me è incostituzionale oltre che immorale e sbagliato.
L'argomento su cui voglio approfondire è il 5° comma della suddetta legge.
Lo riporto:

5. La sospensione opera per l’intera durata della carica o della funzione e non è reiterabile, salvo il caso di nuova nomina nel corso della stessa legislatura né si applica in caso di successiva investitura in altra delle cariche o delle funzioni.

Per come l' ho interpretato io questo comma prevede la non applicabilità della sospensione dei processi nel caso in cui un politico ricopra la stessa o un'altra delle quattro cariche più alte dello stato per la seconda volta in una nuova legislatura. Questa è una modifica attuata in seguito alla sentenza di incostituzionalità per in lodo Maccanico/Schifani per evitare che una persona poteva praticamente avvalersi della sospensione fino alla morte ricoprendo di volta in volta uno dei quattro incarichi.
Questa modifica cosi fatta pone un importante problema di funzionalità della legge, faccio alcuni esempi:
se Fini attuale Presidente della Camera della prossima legislatura diventa Presidente del Consiglio dei Ministri non sarà protetto dal "lodo", cioè non potrà svolgere serenamente il suo lavoro.
Altro esempio: poniamo il caso che questa legge sia stata approvata e sia stata dichiarata costituzionale nella scorsa legislatura di Berlusconi, in questo nuovo quinquennio di governo di centrodestra nel quale berlusconi è di nuovo Presidente del Consiglio non avrebbe potuto svolgere serenamente e senza distrazioni il suo incarico perchè la legge non può applicarsi al secondo mandato. Quindi in questa ipotetica visione sarebbe stato giudicato (e forse condannato) nel processo mills?
Questo 5° comma ha eliminato il giusto problema che la corte costituzionale aveva posto per il precedente lodo Schifani per l'eventualità di un'immunità a vita ma, a mio avviso, fa risultare questa legge inutile e di limitata applicabilità perchè se l' obbiettivo è di preservare la governabilità del paese in vari casi sarà impossibile alla legge stessa di perseguire il proprio obbiettivo.
in queste ore la corte emetterà il giudizio di costituzionalità attendiamo la decisione.

Odi et amo? ...per ora solo odi (volutamente generalizzante)

Odio che il mio Presidente del Consiglio sia un plurindagato;
Odio quando si dice che è la magistratura che ce l' ha con lui, come se un boss mafioso sostiene che lui è bravo e che è la polizia che lo perseguita;
Odio il PD e praticamente tutto il resto della sinistra, sanno solo parlare;
Odio la cosiddetta destra che critica l' indulto dopo che, ad esclusione della lega, l'hanno votato senza problemi;
Odio la sinistra che critica il conflitto di interessi e quando è stata al governo non ha fatto niente per eliminarlo;
Odio gli evasori e le leggi che "autorizzano" questo fenomeno; vorrei vedere tutti gli evasori in carcere per anni e anni;
Odio che un imprenditore dichiara 20000 euro all'anno (quanto un operaio, quanto un insegnante) e poi ha macchinoni, barche, ville e fa una vita da milionario;
Odio che un politico di sinistra si scaglia contro un politico di destra perchè ha fatto una cosa X sbagliata, che sia reato o no, e poi se la stessa cosa X la fa un suo compagno di partito trova mille attenuanti e praticamente lo difende in ogni modo possibile. Ovviamente vale anche a parti invertite;
Odio i giornalisti che non sono imparziali e obbiettivi;
Odio la visione prevalentemente americana e comunista della II guerra mondiale;
Odio quando gli americani se la prendono contro i terroristi quando loro sono stati i primi con la bomba H a creare morti panico terrore e desolazione in giappone;
Odio l' esaltazione della morte di un militare e il menefreghismo della morte di un altro lavoratore: non sono sempre morti sul lavoro?
Premettendo che gli attacchi terroristici contro i civili sono un orrore assurdo io non mi sento di condannare i kamikaze che mirano ad uccidere le forze armate. e poi si alcuni attacchi terroristici sono appositamente indirizzati contro i civili ed è sbagliatissimo e da condannare, ma i morti civili nelle azioni militari "per la pace" sono molti di più e mi rifiuto di credere che siano tutti frutto di errori. se è cosi si deve cambiare qualcosa;
Odio la chiesa;
Odio chi vuole difendere l' identità cristiana e poi non sa neanche cosa significa essere cristiani e si comporta in maniera totalmente contraria ai dogmi della sua chiesa;
Odio chi sostiene che la chiesa non si intromette nella politica (piccolo esempio quando hanno tagliato i fondi all'istruzione pubblica ci sono state proteste su proteste e nulla è cambiato; quando hanno diminuito i fondi alle scuole private, la maggior parte in mano alla chiesa, è bastata una piccola voce dai parte dei vertici del chiesa... e magia!);
Odio chi non vuole legalizzare la marjiuana sostenendo che è dannosa quando sono molto più dannose l' alcool e le sigarette e provocano molti molti più morti e dipendenze;
Odio chi critica indiscriminatamente i writers, non condivido neanche io gli scarabocchi sui palazzi e tantomeno al centro storico della mia città, ma vedere i vagoni della metro con delle scritte colorate mi piace, vedere la stazione tiburtina o il sottopassaggio di san lorenzo-porta maggiore con queste opere d' arte non mi da assolutamente fastidio vedere la stazione della metro di s.m.soccorso, vicino casa mia, con dei disegni bellissimi mi mette di buon umore e lo trovo un abbellimento rispetto ai tristi mattoncini marroni.
Questo è solo un piccolo sfogo diretto, veloce e sicuramente mancano molte altre cose che non riesco a soppostare e a cui non so darmi una risposta.
Attraverso una parte della canzone ti ti ti ti di Rino Geatano voglio concludere questo sfogo:

" a te che odi i politici imbrillantinati che minimizzano i loro reati, disposti a mandare tutto a puttana, pur di salvarsi la dignità mondana; a te che non ami i servi di partito che ti chiedono il voto un voto pulito, partono tutti incendiari e fieri
ma quando arrivano sono tutti pompieri..."

P.S. Non c'entra niente con l'intervento, ma volevo in questo primo post ringraziare Fabrizio. (anche se forse neanche lui sa il perchè!)